cinzia d'agostino

Scenografia da cinema

A solo un'oretta da Roma, dopo aver percorso la via Cassia verso Viterbo e aver imboccato la via braccianese, superato l'abitato di Manziana, si arriva a Canale Monterano, lasciato il cui centro, immergendosi nella dolce campagna "lavorata" dal vulcano Sabatino, attivo fino a circa 40mila anni fa, si entra nel Medioevo, quello ricco e opulento della vecchia Monterano. "Vecchia", perché è stata abbandonata nel 1700, un po' per la malaria che infestava la zona e aveva decimato la popolazione, un po' perché i francesi incendiarono il borgo, di fronte al rifiuto dei contadini (che avevano appoggiato la Repubblica Romana contro il Papa) di macinare il loro grano...

Ma quello che resta, lascia davvero a bocca aperta, in una scenografia magica che non a caso è stata scelta da molti registi per ambientare i loro film, come (per citarne uno su tutti) "Il Marchese del Grillo", con l'indimenticabile Alberto Sordi. Si cammina su per il pendio arricchito ogni tanto da rovine più o meno imponenti che si intravedono in una fitta vegetazione decidua con tanti lecci, per arrivare a uno spiazzo erboso, meta di cavalli liberi che pascolano davanti a ciò che resta del Convento e della Chiesa di San Bonaventura, il cui design si deve a GianLorenzo Bernini. A lui, la famiglia Altieri, proprietaria del paese, diede l'incarico di ingentilire il luogo. In pratica, restano solo una imponente facciata e le mura malandate. All'interno, dove si immagina dovessero esserci l'altare, il pulpito, i banchi per la preghiera, una atmosfera ancora carica di sacralità e un enorme albero di fico. Dicono che sia lui, il "Genius loci", lo spirito del luogo, l'entità soprannaturale che fin dal tempo dei romani identificava una sorta di essere protettore, che difende il posto dagli intrusi (forse anche noi?). Insomma, una vera emozione.